La capacità d’intendere e di volere
- 23/01/2018
- By Carolina Tampolli
- Giuridico Forense, Linee Guida
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CAPACITA’ D’INTENDERE: Capacità dell’individuo, sussistente al momento del fatto e rilevante in ordine allo stesso, che si manifesta quale idoneità a rendersi conto della realtà e del valore sociale delle proprie azioni (valutazione delle possibili ripercussioni positive o negative sui terzi).
CAPACITA’ DI VOLERE: Attitudine ad autodeterminarsi (prendere decisioni autonomamente) sulla base di dati presupposti percettivi, esercitando il controllo dei propri stimoli ed impulsi ad agire secondo il motivo che appare più ragionevole.
Codice penale
Libro I
Dei reati in generale
Titolo IV
Del reo e della persona offesa dal reato
Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso non era imputabile.
È imputabile chi ha la capacità d’intendere e di volere.
Se taluno mette altri nello stato d’incapacità d’intendere o di volere, al fine di fargli commettere un reato, del reato commesso dalla persona resa incapace risponde chi ha cagionato lo stato d’incapacità.
La disposizione della prima parte dell’articolo 85 non si applica a chi si è messo in stato d’incapacità d’intendere o di volere al fine di commettere il reato, o di prepararsi una scusa.
Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità d’intendere o di volere.
Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità d’intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita.
Gli stati emotivi o passionali non escludono nè diminuiscono l’imputabilità.
Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva la capacità d’intendere o di volere, a cagione di piena ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore.
Se l’ubriachezza non era piena, ma era tuttavia tale da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità d’intendere o di volere, la pena è diminuita.
L’ubriachezza non derivata da caso fortuito o da forza maggiore non esclude né diminuisce l’imputabilità.
Se l’ubriachezza era preordinata al fine di commettere il reato, o di prepararsi una scusa, la pena è aumentata.
Le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche quando il fatto è stato commesso sotto l’azione di sostanze stupefacenti.
Quando il reato è commesso in stato di ubriachezza, e questa è abituale, la pena è aumentata.
Agli effetti della legge penale, è considerato ubriaco abituale chi è dedito all’uso di bevande alcooliche e in stato frequente di ubriachezza.
L’aggravamento di pena stabilito nella prima parte di questo articolo si applica anche quando il reato è commesso sotto l’azione di sostanze stupefacenti da chi è dedito all’uso di tali sostanze.
Per i fatti commessi in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool ovvero da sostanze stupefacenti, si applicano le disposizioni contenute negli articoli 88 e 89.
Non è imputabile il sordomuto (1) che, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva, per causa della sua infermità, la capacità d’intendere o di volere.
Se la capacità d’intendere o di volere era grandemente scemata, ma non esclusa, la pena è diminuita.
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(1) A norma dell’art. 1 della L. 20 febbraio 2006, n. 95, in tutte le disposizioni legislative vigenti, il termine “sordomuto” è stato sostituito con l’espressione “sordo”.
Non è imputabile chi nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni.
E’ imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva capacità d’intendere e di volere; ma la pena è diminuita.
Quando la pena detentiva inflitta è inferiore a cinque anni, o si tratta di pena pecuniaria, alla condanna non conseguono pene accessorie. Se si tratta di pena più grave, la condanna importa soltanto l’interdizione dai pubblici uffici per una durata non superiore a cinque anni, e, nei casi stabiliti dalla legge, la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale. (1)
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(1) Comma così modificato dall’art. 93, comma 1, lett. d), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
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